6-Può, qualche zero, cambiare la Storia?

Saint Gervais, 3 ottobre 2011

Quando fui informato, nei primi giorni di Marzo del  1993, che lo stimatissimo Giudice dell’Ufficio per le indagini preliminari di Milano, Italo GHITTI, aveva ordinato di procedere alla mia cattura e di condurmi, incatenato, al carcere di San Vittore, ero in Francia (Cfr. in questo blog “La morte”). Racconterò in seguito di come ho saputo del mandato della magistratura milanese e di come sono rientrato.

“Burzio” aguzzino della FIAT

L’ordine di cattura nei miei confronti era stato emesso a seguito delle dichiarazioni di un tirapiedi della Fiat, un certo Papi. Aveva raccontato che gli avevo estorto 300 milioni e che fu obbligato a pagarmi perché lo avevo minacciato di non far più lavorare la Fiat (sic). Erano talmente precise e circonstanziate le sue accuse che nel verbale d’interrogatorio mi chiamò “Burzio”. Per quanto riguarda il finanziamento in oggetto le cose non andarono così, ma non è  il caso di parlarne ora.

L’avvocato

Prima di rientrare dalla Francia m’incontrai a Sallanches (Alta Savoia) con Pier Maria Corso, un avvocato che mi aveva trovato in Italia una mia collaboratrice (personaggio di cui dovrò parlare a lungo in un altro articolo).

Spiegai, per alcune ore, all’eminente giurista, la mia storia e tutti i fatti di cui ero stato testimone, fatti che secondo me, potevano avere una rilevanza  per “mani pulite”; già perché anch’io volevo fare pulizia, ma pulizia davvero! Mi disse che avrebbe parlato con Di Pietro e che poi mi avrebbe detto, ma che comunque si trattava di fare alcuni nomi (ci si mise d’accordo anche su quali); in cambio avrei ottenuto subito gli arresti domiciliari, in seguito la libertà e tutto sarebbe finito con una sanatoria.

Corso mi ricontattò e mi disse che alcuni dei fatti che gli avevo raccontato erano già a conoscenza dei magistrati, ma che avrei fatto bene a parlarne per sostenere la mia versione. Mi disse inoltre come dovevo fare a rientrare e quando. Come previsto gli arresti domiciliari e la libertà arrivarono, ma non la sanatoria. Di tutto quello di cui parlai a Corso, la parte più consistente e interessante erano i rapporti del partito con Berlusconi. Era da lui, attraverso Gianni Letta, che arrivavano i contributi finanziari più importanti al Partito. Non dimentichiamo che nel 1991/1992 Berlusconi era un imprenditore come tanti altri e Letta un giornalista. Il  PSDI deve la sua sopravvivenza ,almeno sino alle elezioni del 1992,vinte dalla coalizione, a  Berlusconi e di questo lo ringrazio anche a nome di tutti i socialdemocratici. I suoi finanziamenti non erano diversi da quelli che Saragat ricevette da Valletta (Cfr.: Valletta, di Piero Bairati, edizioni UTET, 1983, pag. 186). In particolare Corso mi consigliò (non sempre ho seguito i suoi consigli!) di raccontare a Di Pietro, in un primo momento , di un piccolo contributo di 200 milioni di lire, avvenuto in un periodo ormai coperto   dall’amnistia,  poi per il resto si sarebbe visto.

24 marzo 1993, ore 10:15, Tribunale di Milano, primo interrogatorio: le persone e i ricordi di quella giornata.

Italo Ghitti.

Eseguì gli ordini dei PM. Si limitò a guardarmi per dieci secondi come se fossi un verme, dall’alto della sua grossa scrivania, poi, per spaventarmi, disse che aveva cinque giorni per decidere sul mio stato di libertà. Non mi fece neanche una domanda. Rimane comunque il fatto che fece arrestare qualcuno di cui l’accusatore non conosceva neanche il nome! Alle 22:00 entravo nella mia abitazione di Acqui Terme. Non l’ho più rivisto.

La donna della segreteria di Di Pietro.

Era vestita di nero e mi sembrava abbastanza vecchia. Mentre con l’avvocato aspettavamo il sostituto accesi una sigaretta (allora ancora non c’erano le leggi di oggi). Questa mi guardò con un atteggiamento altezzoso e sprezzante e disse: “Qui non si fuma!”. Era come se volesse negare l’ultimo desiderio del condannato a morte. Subito dopo arrivò Di Pietro. Sempre la stessa donna gli mise sotto gli occhi un registro guardandomi con odio come per dire: “Guarda cosa dice di noi questo bastardo!”. Mi spiegò poi Di Pietro che erano le registrazioni delle conversazioni telefoniche tra me e mio padre,  il Senatore della ghiaia per intenderci(dirò in seguito che cosa dissi a mio padre la sera precedente e per “la ghiaia” cfr. in questo blog: Pagati da “La Repubblica”- Molte spese, poca gloria). Non l’ho più rivista.

Un poliziotto

Mi tenne compagnia mentre, dopo l’interrogatorio con Di Pietro, si attendeva la decisione di Ghitti. Mi pagò il pranzo alla mensa di una caserma di cui non ricordo il nome. Mi disse che non era giusto quello che stava accadendo, che noi non eravamo dei criminali e che se avevamo commesso qualche reato era per difendere delle idee. Desidero ringraziarlo. Non l’ho più rivisto.

Di Pietro

Durante l’interrogatorio parlai di tutto quello che avevo concordato e anche di quello che non avevo concordato e del finanziamento di Letta, ma non parlai di 200 milioni, ma di 70 per vedere le sue reazioni e dissi che in seguito si sarebbe potuto parlare di cose un po’ più interessanti e consistenti.

Rividi Di Pietro altre volte. Si parlò un po’ di tutto, ma di Berlusconi non mi chiese più niente nessuno. Dopo sessanta giorni dissi al mio avvocato che mi ero stufato degli arresti domiciliari e che i magistrati dovevano lasciarmi ritornare in Francia se no  avrei chiesto di essere riascoltato a Milano per precisare ulteriormente le mie dichiarazioni. Come per incanto mi restituirono il passaporto e me ne andai. Nei mesi successivi sono ritornato in Italia solo alcune volte su richiesta di un nuovo avvocato di Roma a cui Corso aveva passato la palla senza neanche chiedermelo, il Prof. Alfredo Gaito (un interrogatorio a Roma dal GIP per una vicenda del Ministro Bono Parrino, un interrogatorio a Roma alla procura per una vicenda di Andreotti, un interrogatorio sempre a Roma, al tribunale dei Ministri, per una vicenda sempre di Bono Parrino). Poi ho ricominciato a frequentare l’Italia nel 2003. Tutto il resto si è svolto attraverso rogatorie internazionali al Tribunale di Bonneville (Alta Savoia) non lontano dal Ristorante (Cfr. in questo blog “La rinascita”) del risotto.

La domanda: come mai le cose importanti non furono approfondite?

A Milano mi hanno tormentato per ore per precisare e sviscerare vicende marginali che riguardavano Modugno (per finanziamenti di concerti nelle principali piazze d’Italia, concerti fantastici di cui hanno potuto usufruire tutti i cittadini gratuitamente), Gavio (per finanziamenti ridicoli tenuto conto delle dimensioni del Gruppo), Ciarrapico e Andreotti (per fatti poi giudicati dal Pretore!) e altri personaggi insignificanti. Nessuno ha mai approfondito le cose serie, i veri problemi. Anzi sembrava che non si volesse. Per esempio quando tentai di parlare del segretario di Giovanni Agnelli si cambiò discorso, stessa cosa quando  tentai di parlare dei miei rapporti con un Procuratore di Roma o quando parlai dei finanziamenti che il partito aveva dato ad un certo sindacato. In Francia ripensai a lungo allo strano atteggiamento dei magistrati di Milano, arrivai perfino a concludere che forse ne sapevano cosi tante che era inutile approfondire le mie considerazioni. Poi il 10 maggio 1994 Berlusconi è diventato il 74mo Presidente del Consiglio italiano.

Strano che oggi, a vent’anni dai fatti, non si approfondiscano certi aspetti di quegli anni. Magari si potrebbe confrontare il mio patrimonio di allora e di oggi con il patrimonio di allora e di oggi di Di Pietro. Oppure si potrebbe parlare dell’importo della pensione di Di Pietro e della mia.

Forse la cosa migliore è lasciar perdere. Chi se ne frega delle elucubrazioni del portaborse di Saragat.

Nota: Le sentenze qui in basso riguardano una denuncia per diffamazione di Di Pietro conseguente all’articolo di Barbacetto del 2012. Una volta tanto l’ex procuratore è stato trattato come merita nella sentenza d’appello.

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